
[…] l’arte si propone come àncora di salvezza alla medesima angoscia davanti all’atroce reset della morte. Con l’importante differenza, tuttavia: che mentre la religione la esorcizza con la fede in un’altra vita, l’arte, più cautamente, la contrasta in un orizzonte terreno; e anche quando ha un suono di preghiera, è sempre colloquio con i vivi. Essa resta così l’unico, autentico riscatto mediante la bellezza offerto dall’uomo, oltre ogni delusione e caduta, che dura quanto l’uomo, senza alcuna pretesa di travalicarne i limiti, ergendosi sopra la sua miseria per sottolinearne anche la dignità. E se talvolta reclama attributi divini, lo fa nell’unico modo possibile a che non voglia tradirsi: poiché sola essa, da questo miserabile miscuglio di sperma e di umori che siamo, ben più delle effimere estasi dell’amore o della ridicola arroganza del potere, sa elargire il riscatto della bellezza sul cupo ginepraio del vivere, e ripagarci della sua gratuità.
G. Passannante, Il declino degli dèi. Elogio della menzogna. Vol. III.
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