Rassegna

Chi sono le vittime dell’Olocausto? E gli altri contenuti di questa settimana

Una settimana di letture #66
Federica Breimaier

Memoriale per le persone omosessuali assassinate dal nazismo

Venerdì scorso, 27 gennaio, si è celebrato il Giorno della memoria. La data, anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte dell’Armata russa nel 1945, è stata scelta dalle Nazioni Unite nel 2005, per ricordare i morti durante l’Olocausto. Ma cosa si intende per Olocausto? Secondo la delibera dell’ONU, e The Holocaust Encyclopedia, è lo sterminio perpetrato da Nazisti e Fascisti ai danni di un terzo della popolazione ebrea, e di tutte quelle minoranze considerate inferiori. Tra queste, Rom, Sinti e Jenisch, Testimoni di Geova, nerə, portatori di handicap mentali e/o fisici, e omosessuali (questi ultimi forzati alla castrazione perché impedimento alla diffusione della razza ariana, marchiati con il triangolo rosa nei campi di concentramento). 

Eppure, ieri, affacciandomi al telegiornale della sera, di queste minoranze non ho quasi sentito parlare. Al contrario, ho udito giornalistə descrivere l’Olocausto come il massacro della sola popolazione ebraica: una visione della storia errata (documenti alla mano), riaffermata più volte sia in studio che nei servizi. Che fine hanno fatto le altre vittime? Vorrei dar la colpa al governo conservatore a capo del mio Paese, ma non sarei onesta: la narrazione italiana dell’Olocausto (spesso taciturna circa i campi di concentramento italiani) è sempre stata questa. 

Lo so, sto facendo un discorso sgradevole, (un quarto della mia famiglia è di ascendenza ebraica, e in queste discussioni ci sono cresciuta); ma è un discorso che deve esser fatto! La verità storica non è una coperta corta: riconoscere la sofferenza patita da altre minoranze non toglie rilevanza o gravità a quanto subito dalla comunità ebraica! Sapere chi ha patito la tragedia dell’Olocausto permette però di valutare meglio il presente, e, non senza cinismo, l’ipocrisia di quei politici che venerdì annuivano alle parole di Mattarella: «La parte maggiore della responsabilità delle leggi e della politica razzista, in Germania e in Italia, va attribuita ai capi dei due regimi, Hitler e Mussolini. Ma il terribile meccanismo […] non si sarebbe messo in moto se non avesse goduto di un consenso […] diffuso nella popolazione». Ora pensate a La Russa, sì, ma pensate anche al caro Fontana, o a Pillon o a Bonetti, coi loro attacchi alle famiglie arcobaleno e al diritto all’aborto. Tutti in prima fila, in coro compunto. Ma quanta distanza separa il loro pensiero da chi, per un bacio, spedì due uomini o due donne ad Auschwitz?

Questa rassegna è dedicata ai morti dimenticati, silenziosi, scomodi. Vittime, di cui però quest’anno ha voluto ricordarsi con particolare attenzione il parlamento tedesco, tra le mura di quello stesso Bundestag (allora Reichstag) da cui Hitler, il 30 gennaio 1939, aveva annunciato lo sterminio degli Ebrei. La presidente Bärbel Bas ha sottolineato la convinta volontà di ricordare «le persone che sono state perseguitate a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere», includendo nel suo discorso politico una distinzione fondamentale che in Italia fa ancora fatica ad essere accettata. Di simile tenore è stato l’intervento di Rozette Kats, ottantenne sopravvissuta all’Olocausto: «Per molto tempo la promessa “Mai più” non ha incluso tutte le vittime dei nazisti».

Confesso che, ripercorrendo quanto accaduto ieri al Parlamento tedesco, la mente mi ripropone l’immagine del Tiergarten di Berlino, il polmone verde di una città a me cara. Lo vedo, davanti a me, era il mio secondo giorno nella capitale: il Monumento in ricordo delle vittime omosessuali dell’Olocausto, situato a pochi passi dall’ingresso rivolto alla porta di Brandeburgo. È un cuboide di cemento, e al suo interno è riprodotto il video di due uomini che si baciano. Mentre ripenso a quel primo soggiorno, rivivo il clima aperto e fluido, respirato in ogni via, allorché io, turista bianca cisgender, eterosessuale e borghese, mi immergevo per la prima volta in un mondo fatto di sfumature, trasgressione, unicità. Berlino è sempre stata culla europea della comunità LGBTQ+, così come scrive Mario Fortunato: «in Germania come in Inghilterra, l’omosessualità era illegale». Se in Inghilterra «gravava una pesante coltre di interdizione, nella Repubblica di Weimar si respirava un certo grado di liberalità. La polizia tollerava bar e bordelli per gay, molti personaggi della vita pubblica erano notoriamente omosessuali e lo stesso Magnus Hirschfeld era alla testa di un vasto movimento di opinione, a cui aderivano personalità come Thomas Mann e Albert Einstein, per cancellare il famigerato paragrafo 175 del codice penale che perseguiva i cosiddetti “diversi”». 

Insomma, se la memoria serve ad impedire che quanto avvenuto non si ripeta, allora, per favore, non lasciamo indietro nessuno! Nemmeno chi, per cultura, religione, orientamento sessuale o identità di genere ci è lontanə e le cui lotte paiono non toccarci: poiché, con le parole di Liliana Segre, «quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore».

Ora passiamo alla rassegna dei contenuti pubblicati questa settima.

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📅 DUE NOVITÀ

Parte dal prossimo mercoledì il nostro nuovo gruppo di lettura dedicato al romanzo storico 4 righe con la storia (cliccando sul link potete trovare tutte le info). La prima tappa è dedicata a Suite francese di Irène Némirovsky, che leggeremo a febbraio e a marzo. Nelle prossime settimane usciranno 4 articoli dedicati alle due autrici (Némirovsky e Mitchell) e due autori (Pazzi e Pasternak) di cui ci occuperemo quest’anno.

La seconda novità riguarda invece Briciole di filosofia: la nuova rubrica di Giornate di lettura curata da Gerardo: uscirà infatti martedì prossimo il primo articolo, da non perdere!

✍️ SUL BLOG

Questa settimana sono uscite due recensioni. Nella prima vi ho parlato del sesto romanzo della serie Il club dei filosofi dilettanti di Alexander McCall Smith, soffermandomi in particolare sulla figura della protagonista; la potete leggere cliccando qui: “L’arte perduta della gratitudine”: curiosità e passioni di una filosofa investigatrice

Nella seconda recensione, è Maresa a parlarci di un poeta di cui si era già occupata in passato: Giuseppe Bonaviri. Si tratta, come avrete visto, di un’analisi approfondita: parte da una raccolta di poesie per poi riflettere sullo stile tutto e sulle tematiche tipiche della poetica di Bonaviri.

Per la serie Gli estratti abbiamo invece pubblicato:

📷 SU INSTAGRAM

Sono usciti altri due post (potete leggerli cliccando sull’immagine):

Qui vi ho chiesto se conoscevate le opere di McCall Smith e alcunə di voi hanno lasciato dei commenti molto interessanti.
Per la rubrica Vi leggo una poesia Maresa ha pubblicato un reel con una composizione di Jacques Prévert
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