
Il fragore di un applauso da stadio all’apparire di Azar Nafisi con Michela Murgia ha in quel preciso momento, alle 12.30 dell’8 dicembre 2022, il sapore dell’avvenimento, della sfida all’opaco sentire comune di queste giornate, uggiose più nell’animo che nel nebuloso cielo romano. E siamo nell’Auditorium della Nuvola, come vuole il nome dell’edificio dell’EUR che ospita «Più Libri Più Liberi», in realtà nella nuvola dell’indistinta percezione che qualcosa potrebbe cambiare, o che stia cambiando. Il titolo dell’incontro, Iran: donne, diritti e libertà, introduce e prepara il dialogo fra le due scrittrici, con l’autrice di «Leggere Lolita a Teheran» che nelle sue risposte esprime una speranza a cui non siamo più abituati, soprattutto perché contraddistinta da una fede nella cultura e nella letteratura che alle nostre latitudini sembra ormai cosa ignota, dispersa e remota. Le mani che battono e sottolineano ogni passaggio di Nafisi scandiscono con il loro ritmo l’affetto non solo per lei in quanto persona, ma per la sua lotta e per il coraggio di tutte le donne iraniane. La sala è stracolma ed esprime una partecipazione emotiva inaspettata: pare di capire che non tutti gli italiani hanno perduto l’abitudine alla lettura e la fiducia nella cultura, cioè nel progresso. Riportiamo allora alcune delle parole di Nafisi.
Non solo le risposte di questo otto dicembre, ma tutta la sua vita e ciò che Azar Nafisi ha scritto finora testimoniano la sua personale sfida al potere in nome della Repubblica dell’immaginazione (titolo di un suo libro del 2015) e da parte di chi, come lei, rifiuta di considerarsi “preda” di un regime, quello islamico iraniano, che Azar nei suoi scritti non vuole neppure nominare. Un regime che dopo Mahsa Amini continua a uccidere. Ciò che importa è mantenere il controllo delle parole e della narrazione, ciò che importa è che qualcuno non “confischi” la nostra libertà. L’arte costituisce sempre una via di fuga verso la libertà e se è vera arte non può non opporsi a chi la opprime.
Ma un potere autoritario secondo Nafisi vuole innanzitutto il controllo della parte femminile della popolazione, poi quello delle minoranze, e lo ottiene, l’Iran lo ha ottenuto, abrogando le leggi che concedono diritti alle donne: è accaduto nel 1979 con Khomeini, la rivoluzione e la repubblica islamica sciita, soprattutto con la fatwa che ha imposto il velo a tutte le iraniane, rendendole “invisibili”; i guardiani della rivoluzione hanno costretto all’obbedienza decine di migliaia di oppositrici in piazza con la violenza, usando coltelli e forbici, o gettando loro acido addosso. Le donne iraniane hanno continuato ugualmente a ribellarsi, in nome non solo della loro libertà, ma della libertà di tutti. Si tratta di una lotta più esistenziale che politica o religiosa, ha sottolineato Nafisi, attuata anche con piccoli gesti, come lasciare una ciocca di capelli fuori dal velo, o truccarsi, atti ritenuti pericolosi dal regime e passibili di punizioni corporali. Ma le donne non sono rimaste sole, hanno ricevuto la solidarietà di uomini che per questo hanno rischiato e perduto la vita. E se i diritti delle donne sono diritti umani, ogni conquista delle donne è una conquista di tutti, di civiltà e di dignità; il regime iraniano non può accettare la lotta delle donne, perché sa che concedere oggi qualcosa vorrebbe dire concedere tutto domani.
In occasione della sua visita, Nafisi ha incontrato anche Jhumpa Lahiri, intervenendo all’Arena Robinson di «Più libri più liberi» e affermando che non bisogna mai adagiarsi rispetto a quello che è la libertà perché la libertà è una lotta che va combattuta tutti i giorni. Visitando poi la redazione di Repubblica, ha rilasciato un’intervista; queste le sue parole, che ripropongono praticamente quelle del giorno prima alla Nuvola: l’Iran di oggi è come il Sudafrica dell’apartheid, da noi il razzismo è contro le donne ma il regime perderà anche questa battaglia.
Durante il suo soggiorno romano, dunque, Azar Nafisi ha saputo infondere in tutti i presenti speranza e coraggio, confidando nella forza della letteratura, vista non come mero momento di lotta, ma come contributo per una coscienza più “vera” dell’animo umano. Già nel primo capitolo di «Lolita a Teheran» troviamo in proposito una sua illuminante raccomandazione:
Non sminuire mai, in nessuna circostanza, un’opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella letteratura non è la realtà, ma l’epifania della verità.
Nafisi in passato ha più volte ribadito quanto l’immaginazione, la creatività e l’arte siano pericolose per i vari Putin, Trump e gli ayatollah. Ed è questo il punto: un regime antidemocratico teme la verità e reprime artisti, scrittori, creativi mettendoli in carcere, torturandoli e uccidendoli. A questo proposito, però, anche se siamo in democrazia, viene da pensare quanto la libertà in Italia sia oggi minata da chi, governando, si dice favorevole alla “democrazia illiberale” e nei fatti vorrebbe limitare, ostacolare e soffocare, tra gli altri diritti, quelli delle donne. La presa di posizione di Azar Nafisi è soprattutto un raggio di luce nell’oscurità del presente.
Ecco allora affievolirsi l’eco felice dello scroscio degli applausi di questo 8 dicembre, attutita da riflessioni amare ormai abituali nel grigiore dei media e delle istituzioni italiane odierne. Ecco riaffiorare l’uggia nebulosa del fastidio e dell’irrequietezza…
BREVE INFORMAZIONE
Nata nel 1955, Azar Nafisi è stata la prima donna iraniana eletta in Parlamento e ha conosciuto l’esilio nel 1997, quando è stata espulsa definitivamente dall’Università di Teheran; oggi risiede negli Stati Uniti ed è docente a Washington. «Leggere Lolita a Teheran» (2003) è stato tradotto in trentadue lingue. «Le cose che non ho detto» è stato pubblicato da Adelphi nel 2010. Il suo ultimo libro è «Quell’altro mondo. Nabokov e l’enigma dell’esilio» (2022), mentre il primo, «Quell’altro mondo», è stato ripubblicato sempre quest’anno.
LINK
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/azar-nafisi/
https://www.comune.roma.it/web/it/notizia.page?contentId=NWS988794
Grazie Vittorio per questo bell’articolo. Un caro saluto e a risentirci presto. Serene festività. Giuseppe
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Caro Giuseppe, ti ringrazio di cuore e ti do i migliori auguri di buone feste.
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