
Oggi ricordiamo la nascita della Poetessa Emily Dickinson, la cui vita è stata a lungo reputata priva di stimoli e molto solitaria, anche se i suoi versi dimostrano un talento, una capacità di saper leggere il mondo e una sensibilità fuori dal comune.
Vediamone i tratti principali.
Nasce a Amherst, negli Stati Uniti, il 10 dicembre del 1830 e muore nello stesso luogo 55 anni anni più tardi, nel 1886, a causa di una nefrite.
La sua è una famiglia benestante e soprattutto molto in vista: il nonno ha infatti fondato l’Amherst College, il padre è un avvocato che diventerà poi deputato del Congresso americano e la madre è una personalità discreta, molto legata alle tradizioni puritane.
Si iscrive al prestigioso Mount Holyoke Female Seminary del New England ma dopo un anno abbandona gli studi spinta anche dal padre, perché non ha intenzione di professare pubblicamente la religione cristiana, come invece le viene richiesto in classe. Continua quindi la sua formazione in casa, da sola, dove riceve in dono dal padre molti libri che lui, però, vorrebbe che non leggesse per paura che le sue idee, così lontane dalla sensibilità dell’epoca, possano essere ulteriormente incoraggiate. Tuttavia la giovane persevera nella sua passione per la lettura e matura un gusto sempre più ispirato alle opere di Shakespeare, Milton e Emily e Charlotte Brontë.
Conduce un tipo di vita abbastanza appartato tanto che, nonostante qualche sporadico viaggio, sceglie in linea di massima di restare confinata entro le mura domestiche, facendone i limiti del suo mondo personale e, in tal modo, evita di frequentare la Chiesa, di sposarsi e di dover intrattenere relazioni superficiali e di facciata con la società borghese del suo tempo.
Veste sempre di bianco, in segno di purezza, e preferisce la solitudine e il raccoglimento che la portano a sviluppare una fervida immaginazione e una incredibile capacità di comporre versi che non la abbandona nemmeno durante le sue passeggiate nella natura, o fra le righe delle lettere che scrive ai suoi più fidati corrispondenti.
Due uomini suscitarono un enorme interesse in Emily Dickinson. Uno era Benjamin Franklin Newton, un uomo intelligente che entrò nella sua vita per raccomandarle delle letture e lusingare la sua intelligenza. Tuttavia, questo potenziale pretendente era malato di tubercolosi e, forse a causa di ciò, fu allontanato da lei. Morì poco più tardi, provocandole un profondo dolore.
L’altro uomo era Charles Wasdworth, un pastore protestante, ma anche pianista riconosciuto. L’uomo era sposato e si dice che si allontanò da lei per non “cadere in tentazione”, sebbene ciò non sia del tutto provato. Emily nutriva profonda ammirazione per lui, ma poco tempo dopo morì anche lui.
Quando, dopo il suo decesso, la sorella scopre in un cassetto della sua stanza un plico di fogli piegati e cuciti fra loro con ago e filo, viene improvvisamente alla luce la prolifica e sorprendente produzione di Emily Dickinson (si parla di quasi 1800 componimenti), a lungo contesa fra la sua famiglia natale e Susan Gilbert, con il risultato che solo nel 1955 esce la prima edizione critica di tutte le sue poesie a cura di Thomas H. Johnson, seguita nel 1998 da una revisione delle sue liriche a cura di Ralph W. Franklin.
Poco apprezzati e ostacolati nella loro pubblicazione, dopo la sua morte i suoi componimenti hanno suscitato tante lodi, pur ingenerando molti dubbi a causa della sua complessità. D’altronde, ci troviamo davanti a una scrittura che parla apparentemente di elementi semplici e quotidiani, o in altri casi di grandi temi come la morte, l’amore, la solitudine e il rapporto con la natura, con l’arte e con Dio, ma che per essere capita fino in fondo necessita di un occhio attento e sensibile.
Tanti sono, infatti, i riferimenti filosofici, i legami con i grandi eventi storici di quel periodo, le metafore che elabora, i rimandi alla letteratura inglese dei secoli precedenti e soprattutto le allusioni alle persone che Emily Dickinson ha conosciuto personalmente, ai sentimenti che ha provato per loro, alle delusioni o alle convinzioni che non l’hanno mai abbandonata.
L’inclinazione della sua scrittura non concerne un esercizio letterario destinato a un determinato pubblico ma può essere letta come il frutto di una ricerca individuale che sfocia in una comunicazione ad personam. Sue caratteristiche principali sono
l’immediatezza e l’intensità, così come il suo carattere spoglio, antieroico e l’universalità dei suoi temi. In essa si scorgono i tratti dell’oralità, i suoi scatti nervosi, le sue insistenze. Sarà per questo che ha rimosso quasi totalmente le convenzioni della punteggiatura, preferendo il trattino. Così facendo ha conferito un’altra impronta al ritmo dei suoi versi che troviamo spezzato, incalzante o talvolta anche sognante.
La poesia di E. Dickinson è il paradigma in versi non solo della sua vita quotidiana ma anche, e soprattutto, di quella interiore, di quella che anima i suoi pensieri, le sue emozioni e la sua immaginazione. Per questo la si può definire, a ragione, una sorta di autobiografia privata, in cui l’io è presente ma è generalizzato. Anche il “tu” destinatario dei suoi carmi d’amore resta indeterminato poiché è semplicemente l’oggetto di un amore sconfinato, forse ricambiato, ma non realizzato né realizzabile in questo mondo.
Ma la grandezza della sua poesia sta anche nel saper cogliere magistralmente le manifestazioni mentali e naturali con gli espedienti della lingua e con una intensa e dolorosa idea dell’esistenza che l’ha fiancheggiata per tutta la vita.
Qui puoi trovare alcune citazioni di questa autrice: Dickinson (citazioni)
Qui invece abbiamo pubblicato alcune delle sue opere in versi: Dickinson (poesie)
Cliccando qui invece potete acquistare la raccolta che vedete in foto: link affiliato Amazon
2 pensieri su “In memoria di Emily Dickinson (10 dicembre 1830/15 maggio 1886)”