Agatha Christie, Christie (recensioni), Recensioni, romanzo giallo

Follia omicida o fredda premeditazione? – Poirot e la strage degli innocenti

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Ariadne Oliver è una scrittrice di romanzi gialli, attenta, curiosa e grande amica di Hercule Poirot, celebre investigatore privato belga, protagonista di molti dei romanzi di Agatha Christie. Tra le sue molte opere, spicca Poirot e la strage degli innocenti, cui avevamo già accennato in 5 libri “spaventosi” da leggere ad Halloween, dal momento che il titolo originale è proprio Hallowe’en Party.
Ospitata da un’amica conosciuta in crociera di nome Judith Butler a Woodleigh Common, un piccolo paesino della campagna inglese, Mrs Oliver viene invitata ad una festa di Halloween, organizzata dalla ricca vedova Mrs Rowena Drake, una donna cerimoniosa, che ama mettere il naso dappertutto, determinata ad avere il controllo su ogni aspetto, non solo della sua vita, ma di quella di chi le sta intorno, oltre che degli eventi. Raggiunto il ricevimento quando ancora i preparativi sono in corso, Ariadne assiste ad una scena insolita, cui lì per lì nessuno dà importanza: Joyce Reynolds, ragazzina nota a tutti per la compulsiva tendenza a mentire, dichiara infatti di aver assistito ad un omicidio, un po’ di anni addietro, accorgendosi solo molto tempo dopo della gravità di quanto accaduto. Convinti che l’egocentrica giovane non voglia far altro che impressionare la scrittrice, gli ospiti non le credono e si burlano di lei con tono accondiscendente. Alla fine della festa, però, ella viene trovata morta in biblioteca, affogata in una tinozza d’acqua colma di mele. Scioccata dall’accaduto (le cui circostanze la porteranno a detestare uno dei suoi frutti preferiti), la scrittrice corre a chiedere aiuto all’amico Poirot, che, incuriosito dal suo racconto, raggiunge il paesino, dove ad attenderlo e ad aiutarlo trova il sovrintendente di Scotland Yard, in pensione, Spence: l’indagine può avere cominciare. 

In un primo momento gli indizi sono pochi, e il genio di Poirot si rivela proprio nella sua capacità di sapere ricostruire un complesso mosaico, partendo solo da un ammasso caotico di tasselli irrelati. Determinato a venire a capo della vicenda, nonostante la mancanza di qualsiasi pista, egli chiede a Spence di elencargli tutti le morti “sospette” avvenute a Woodleigh Common, per poi procedere, tenendo queste ultime a mente, ad interrogare ognuno dei presenti al ricevimento. Nessuno pare avere la minima idea, il minimo sospetto, su chi possa aver ucciso Joyce, per altro non molto amata dato il carattere viziato e bugiardo. L’ipotesi più spesso menzionata, supportata dalla recente apertura dei manicomi di cui tutta la comunità si lamenta, è quella secondo cui un malato di mente, passando di lì, si possa essere intrufolato alla festa per uccidere la giovane, in una specie di raptus psicotico. Eppure la tesi della bruta e cieca follia omicida non convince Poirot: 

«[…] “Direi che è stato un delitto commesso da uno psicopatico, non vi sembra?»
«No» rispose Poirot. «Io credo che si tratti di un omicidio premeditato e commesso, come quasi tutti gli omicidi, con un movente. Un movente turpe, forse.»

L’intuizione si rivela corretta, dacché in effetti la vicenda, costituita da un gioco di specchi messo in atto da una partecipante insospettabile, trova la sua origine proprio in un piano premeditato, con cinica freddezza, in un passato che apparentemente nulla ha a che fare con quanto accaduto nel presente della narrazione. 

«Ma tutto quello che accade ha radici nel passato. Un passato che ormai è incorporato nel presente, ma che esisteva ieri, un mese fa, o l’anno scorso. Un giorno, da queste parti, qualcuno ha commesso un omicidio. Una bambina ne è stata testimone, e siccome l’ha visto commettere allora, in un certo giorno ormai lontano, adesso è stata uccisa. […] Vedete, ho l’impressione che molti fatti separati siano in realtà più strettamente connessi di quanto finora non si sia mai pensato»

La locandina del film tratto dal romanzo

Alla fine, Poirot riesce a districare la vicenda con l’ausilio non solo di una logica ferrea, ma soprattutto grazie ad una spiccata capacità di osservazione e di deduzione, cui il lettore è in grado di accedere attraverso i dialoghi e i monologhi del protagonista. È negli scambi dialogici che viene fuori l’attenta costruzione psicologica messa in campo da Christie, sia per il detective, sia per i personaggi che gli ruotano intorno. Notevole, in particolare, oltre alla figura di Mrs Oliver, chiaro alter ego dell’autrice, e la disturbante Mrs Drake, è il profilo di Micheal Garfield, artista giardiniere con cui l’autrice opera una tagliente critica alla figura dell’esteta per eccellenza. Egli ama piegare la natura al suo volere, per inseguire una visione che nella sua perfezione soffoca la spontaneità della flora, in un’arte per l’arte cui Garfield sottomette ogni cosa, anche la stessa esistenza umana. Poirot intuisce il vero animo che si cela dietro all’affascinante giovane, camuffando, come è suo uso, le proprie deduzioni sotto una finta posa di umiltà: 

“Qui avete realizzato una cosa splendida. Avete unito la vostra creatività con la rozza pietra che veniva estratta dalla cava a scopi industriali, senza che alcun ideale di bellezza guidasse quel lavoro. Avete portato qui la vostra immaginazione, un giardino che già vedevate con gli occhi della mente, e siete riuscito a ottenere il denaro per tradurlo in realtà. Mi congratulo con voi. Vi rendo omaggio. L’omaggio di un uomo che si sta avvicinando al momento in cui chiuderà il proprio lavoro.”

Per poi aggiungere, quando ormai i giochi sono fatti:

“Era molto bello e amava la bellezza» disse Poirot. «La bellezza che creava con la fantasia, l’intelligenza e le mani. Era pronto a sacrificare tutto per la bellezza.”

Insomma, come avrete capito, Poirot e la strage degli innocenti è un romanzo che mi è piaciuto molto, finemente costruito, scritto in uno stile scorrevole, mai sciatto, in cui tutti i personaggi hanno una propria voce, dato che alla base della loro creazione c’è una solida e accurata analisi psicologica  a renderli assolutamente credibili. È con questo testo, lo ammetto, che ho capito perché Christie si è guadagnata il suo posto nella letteratura inglese, e perché, nonostante le tante serie tv gialle e i tanti film di spionaggio, riesca ad attirare e a tenere incollato il lettore contemporaneo. Una lettura consigliata sia che siate degli amanti del genere, sia che invece vogliate approciarvici, iniziando dai classici!

Se questo articolo ti è piaciuto, ti consiglio Pillole di narrativa: “Il caso del dolce di Natale” di Agatha Christie


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