
Il 28 settembre 1871 nasceva a Nuoro Grazia Deledda, unica donna italiana a vincere il premio Nobel per la letteratura (nel 1926, dieci anni prima della sua morte, avvenuta a Roma il 15 agosto 1936). Di lei si ricordano in particolare i romanzi Elias Portolu (1900), Canne al Vento (1913), La madre (1920). In lei, schiva e riservata, riviveva una Sardegna patriarcale, specchio fedele della civiltà contadina che, autodidatta (e appassionata all’opera e al pensiero di Tolstoj), aveva conosciuto e amato di persona. Superando i limiti angusti del regionalismo e del folklore, cercò e raggiunse una conciliazione tra le scelte veriste e lo stesso Decadentismo. Tutto ciò non venne compreso subito dai critici: verista ma originale, per Capuana e Borgese (degna scolara di Giovanni Verga); capace, invece, di esprimere soprattutto il lirico e il fiabesco nei suoi romanzi, così lontani dal naturalismo, secondo Cecchi e Sapegno. A Spinazzola, infine, la scrittrice pareva pienamente partecipe del clima decadentistico. In fondo non si trattava di contraddizioni, essendo la poetica della Deledda difficilmente riconducibile alle scarne etichette della critica letteraria.

Quello che i suoi romanzi ci offrono, in ogni caso, è una vera e propria analisi psicologica, al cospetto della quale l’ambiente isolano viene a costituire uno sfondo, ricco quanto necessario, lasciando emergere le passioni, gli istinti e la complessità delle coscienze dei personaggi. E la Sardegna rimaneva comunque qualcosa di vivo e presente, molto più di una cornice. Che fosse un costante punto di riferimento ce lo dimostra questa citazione da una sua lettera del 1891 (citata dal Presidente della Camera, Partecipazione alla cerimonia per il 150° anniversario della nascita di Grazia Deledda, 10 dicembre 2021):
«Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombrie dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza»
Non è sbagliato auspicare una rilettura odierna dell’autrice che metta in rilievo le sue caratteristiche più peculiari, quelle di una scrittura immediata e al contempo riflessa, di un messaggio che va diritto al cuore del lettore suscitando in lui il desiderio di capire e di riflettere. È proprio impossibile tracciare un prudente parallelo tra lei e il suo amato Tolstoj?
Vittorio Panicara
5 pensieri su “Grazia Deledda: nasceva oggi il premio Nobel di origini sarde”