
Se penso a me stessa, mi sembra di esistere prima di tutto come Volontà: io sono il prodotto dei miei desideri, e degli sforzi che faccio per appagarli. In secondo luogo, mi vedo come una sociopatica, molto più che come donna, un avvocato o attraverso le mie caratteristiche fisiche o etniche. L’impressione che ho è che, quando mi hanno fabbricato, la prima cosa che hanno assemblato è stata questo cuore di ferro, questo spietato ordigno nietzschiano, e dopo, solo dopo, tutto il resto […] Io percepisco l’universo come qualcosa di mediato dalle cellule della mia carne, osservato dai miei occhi ed esperito attraverso il sistema nervoso che mi garantisce un tatto. È proprio sulla base della nostra autorappresentazione che gli altri ci percepiscono e ci trattano in un determinato modo, perciò noi siamo l’unione delle nostre caratteristiche, dei nostri impulsi e dei nostri desideri, tutti diffusi a velocità supersonica attraverso lo spazio molecolare del nostro corpo. Nel profondo del cuore, però, io sento di essere essenzialmente Volontà, Necessità e Azione, e la mia sociopatia influisce profondamente su tutte queste cose.
Ho enormi problemi nel riconoscere le mie emozioni. Non che non le provi, perché al contrario ho moltissime emozioni diverse, ma a volte non le riconosco, o non riesco a capirle. Spesso mi sembra che siano slegate dal contesto.
M.E. Thomas, Confessioni di una sociopatica.
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