
All’incirca un secolo fa, una sera di ottobre, il termometro stazionava sotto lo zero e anche io mi trovavo da quelle parti. L’Europa appariva ancora divisa in due, come del resto la psiche di ognuno, e di conseguenza tanto la parte occidentale quanto quella oltre la Cortina di Ferro ambivano al ruolo di inconscio altrui. Tirava un vento gelido, anzi siberiano, e a chi, come me, non aveva mai messo piede prima a Berlino Ovest sembrava l’inevitabile conseguenza climatica dell’espressione Guerra Fredda. Non conoscevo nessuno in quella città, non parlavo una parola di tedesco. Quanto alle motivazioni del mio viaggio, si trovavano a metà strada fra la letteratura e la depressione, ma forse più in prossimità di quest’ultima. A ogni modo, non erano in contraddizione fra loro, perché l’una poteva considerarsi all’origine dell’altra.
Mario Fortunato, Le voci di Berlino
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