Esce oggi per Einaudi Mondo bello, dove sei di Sally Rooney, scrittrice irlandese, autrice di Parlarne tra amici e Persone normali.

Come si evince dal titolo, tema centrale dell’opera è lo sgomento provato dai personaggi nei confronti di un mondo diventato per loro alieno. Questo sentimento è incarnato da due anti-eroine, imperfette, incerte e ferite da un passato che ne impedisce la realizzazione. La prima è Alice, che ha scelto di ritirarsi in una remota casa in riva al mare per guarire dal crollo psicologico, causato dall’improvviso successo di vendita. Qui incontra Felix, un manovale del tutto estraneo al mondo intellettuale in cui vive la giovane, con cui nascerà una relazione che da occasionale diventa stabile. Dall’altro lato, a Dublino, incontriamo Eileen, frustrata assistente di una rivista letteraria, da poco separatasi dal compagno. Proprio per superare tale ferita, la giornalista riallaccia i rapporti con Simon, vecchia cotta, con cui intrattiene incontri occasionali che si dimostreranno in grado di superare la prova del tempo, tramutandosi in una vera e propria relazione.
Il romanzo procede lungo questi due filoni narrativi, che si incontrano attraverso il fitto scambio di email che le due, amiche fin dalla giovinezza, intrattengono. È in queste missive, piene di dubbi ma anche di crude realtà, che riverbera la camaleontica capacità di introspezione di Rooney. Fin da subito, infatti, Alice ed Einleen si rivelano come contraddistinte da una visione cinica e materialistica dell’esistenza, cui sono però in grado di dar voce solo nello spazio sicuro della posta elettronica.
Così, infatti, Eileen, sconcertata dalla fede di Simon, scrive:
«Non posso credere che la differenza tra giusto e sbagliato sia semplicemente una questione di gusto o di preferenza; ma non posso nemmeno convincermi a credere nella moralità universale, cioè in Dio. Questo mi lascia in un filosofico punto morto, priva come sono del coraggio delle mie convinzioni in merito ad ambedue le visioni (traduzione mia).
Se non fosse che, proprio nel corso della narrazione, scopriamo che anche il credo di Simon, che continua ad andare a messa, non è poi così saldo, dal momento che è costretto a confrontarsi con la necessità di una dimensione erotica che esita a reclamare per se stesso.

Attraverso il suo compagno, Eileen si fa portavoce della difficoltà di integrare il mondo della religione in quello della vita contemporanea, ma anche dei conflitti familiari. Le sue scelte lavorative, infatti, generano la disapprovazione della famiglia, che la considera a tutti gli effetti una fallita. Eppure l’attrito non degenera mai, nascosto come è tra frasi non dette e improvvisi silenzi, da cui Eileen rimane molto ferita:
e Alice, io davvero mi sento una fallita, e in un certo senso la mia vita non vale nulla, e a pochissime persone interessa quello che mi succede. È così difficile capire il senso di tutto a volte, quando le cose che reputo importanti nella vita, si rivelano non significare poi nulla, e le persone che dovrebbero amarmi non lo fanno… (traduzione mia).
Personaggio connotato da chiari richiami autobiografici, Alice è invece l’emblema dell’intellettuale che ce l’ha fatta, guadagnandosi una popolarità che finisce per disumanizzarla, ma della quale alla fine, per quanto nociva, non sa fare a meno. È attraverso Alice che emergono le riflessioni più tipicamente metalletterarie sul sistema di produzione dei libri, sulla volubilità dell’industria editoriale, o, ancora, sul legame che, una volta data alle stampe, un’opera intrattiene con il proprio autore. Ma Alice non è solo la scrittrice: è anche la donna ferita dal suo passato che non riesce a far avvicinare Felix, come lui stesso riconosce in uno dei tanti dialoghi, sempre funzionali e mai vuoti, che percorrono il testo.
Nove volte su dieci riesci ad ingannare gli uomini con cui stai. Sono fieri di se stessi, perché pensano di averti domata, di essere loro a decidere. Sì, sì, ma io non sono un idiota. Tu lasci che io mi comporti male solo perché questo ti mette al di sopra di me, ed è lì che ti piace stare. Sopra, sopra. E non la prendo sul personale, tra l’altro, tanto non credo che lasceresti mai avvicinare davvero qualcuno. A dirti la verità, lo rispetto. Ti occupi di te stessa, e sono sicuro che hai le tue ragioni. Mi dispiace di essere stato così duro con te, con quello che ho detto, perché avevi ragione, stavo solo cercando di ferirti. […] Ma poi invece di arrabbiarti con me, vai a dire che sono il benvenuto e che mi ami ancora, e tutto il resto. Lo fai perché devi essere perfetta, vero? […] Ho imparato la lezione. Ma d’ora in poi non c’è bisogno che tu ti comporti come se fossi sotto il mio controllo, quando sappiamo entrambi che non è nemmeno lontanamente così (traduzione mia).
Il punto forte di questo romanzo è sicuramente il quasi esasperato realismo psicologico con cui vengono disegnati i personaggi: mai prevedibili, ma sempre avvolti da un alone di plumbeo cinismo, per un mondo che appare governato dalle sole leggi del caso.
Mondo bello, dove sei si sa guadagnare la popolarità accreditata alla scrittrice, descrivendo uno stato d’animo in cui mai come ora ogni lettore si può ritrovare, toccando temi universali quali l’egoismo come arma per difendersi dai dolori del passato; l’estremizzazione del discorso politico, che divide gli uomini in categorie, dimenticandosi della complessità che caratterizza l’individuo; la sempre più difficile convivenza tra coscienza moderna e credo religioso; e la delusione davanti ad un presente che tende ad annientare l’uomo.
Un romanzo poliedrico di cui vi consiglio davvero la lettura: vi rimarrà appiccicato sulla pelle.
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