
Edoardo – daremo tal nome a un ricco barone nel pieno vigore dell’età virile – aveva trascorso la piú bell’ora di un pomeriggio d’aprile nel suo vivaio a innestare su giovani fusti virgulti ricavati di fresco. L’operazione era appunto compiuta; egli ripose tutti gli ordigni nella loro custodia, e si compiaceva a osservare il proprio lavoro quando sopraggiunse il giardiniere e si rallegrò dell’interessamento e dello zelo del suo signore.
«Non hai veduto mia moglie?» chiese Edoardo, in atto di proseguire il cammino.
«Dall’altra parte, nei nuovi impianti» rispose il giardiniere. «Sarà terminata oggi la capanna rivestita di muschio che ella ha costruito presso la parete di roccia, dirimpetto al castello. È riuscita una cosa bella e piacerà certo a Vossignoria. Vi si gode un’eccellente veduta: di sotto, il villaggio, un po’ a man destra la chiesa, e lo sguardo quasi ne sorvola la punta del campanile; dirimpetto, il castello e i giardini.»
«Bene, bene» soggiunse Edoardo. «A pochi passi di qua potevo vedere la gente al lavoro…»
«Indi» proseguí il giardiniere «la valle si apre a destra, e si può guardare allegramente di là dai prati boschivi. Il sentiero che rampica su la roccia è disposto con molta grazia. La riverita signora se ne intende; si lavora con piacere sotto di lei.»
«Va da lei» disse Edoardo «e pregala di aspettarmi. Le dirai che desidero vedere la sua nuova creazione e rallegrarmene.»
Il giardiniere se ne andò lestamente, e ben presto Edoardo lo seguí.
Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive.
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