
Metafisico. Così credono gli uomini; ma s’ingannano:
come il volgo s’inganna pensando che i colori sieno qua-
lità degli oggetti; quando non sono degli oggetti, ma
della luce. Dico che l’uomo non desidera e non ama se
non la felicità propria. Però non ama la vita, se non in
quanto la reputa instrumento o subbietto di essa felicità.
In modo che propriamente viene ad amare questa e non
quella, ancorché spessissimo attribuisca all’una l’amore
che porta all’altra. Vero è che questo inganno e quello
dei colori sono tutti e due naturali. Ma che l’amore della
vita degli uomini non sia naturale, o vogliamo dire non
sia necessario, vedi che moltissimi ai tempi antichi eles-
sero di morire potendo vivere, e moltissimi ai tempi no-
stri desiderano la morte in diversi casi, e alcuni si ucci-
dono di propria mano. Cose che non potrebbero essere
se l’amore della vita per se medesimo fosse natura del-
l’uomo. Come essendo natura di ogni vivente l’amore
della propria felicità, prima cadrebbe il mondo, che al-
cuno di loro lasciasse di amarla e di procurarla a suo
modo. Che poi la vita sia bene per se medesima, aspetto
che tu me lo provi, con ragioni o fisiche o metafisiche o
di qualunque disciplina. Per me, dico che la vita felice,
saria bene senza fallo; ma come felice, non come vita.
La vita infelice, in quanto all’essere infelice, è male; e
atteso che la natura, almeno quella degli uomini, porta
che vita e infelicità non si possono scompagnare, discor-
ri tu medesimo quello che ne segua.
Giacomo Leopardi, Operette morali (da «Dialogo di un Fisico e di un Metafisico»).
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