
C’è differenza – se poi davvero c’è – tra la riflessione assorta e divagante, la meditazione malinconica o nostalgica di qualcuno che cammina senza meta apparente e quella, dello stesso uomo, che però, beato e immobile, sosta pensoso sulla panchina sotto un albero di una piazza o su un balcone in vista del mare? Di certo, dopo la pubblicazione di quel capolavoro di Jean-Jacques Rousseau intitolato Le fantasticherie del passeggiatore solitario, che il filosofo terminò di scrivere nel 1778, poco prima di morire, il pensare e il vagabondare sono andati a costituirsi dentro un rapporto quasi necessario, non più solvibile, che ha sortito, nei secoli successivi, momenti di non poca altezza.
Massimo Onofri, Benedetti Toscani, pensieri in fumo.