
Prima di tutto, speravo di offrire una rappresentazione onesta della mia presidenza: non soltanto una memoria storica dei principali eventi accaduti durante il mio doppio mandato e delle personalità importanti con cui ho avuto a che fare, ma anche un resoconto di alcune delle difficoltà sul piano politico, economico e culturale che hanno contribuito a determinare le sfide cui la mia amministrazione ha dovuto far fronte e le scelte che io e la mia squadra abbiamo operato. Dove possibile, volevo dare un’idea ai lettori di cosa significhi essere il presidente degli Stati Uniti; volevo scostare un po’ il sipario e ricordare alla gente che, con tutti i suoi fasti e i suoi poteri, l’incarico presidenziale rimane pur sempre e solo un lavoro, che il governo federale è pur sempre un’impresa umana come qualsiasi altra che gli uomini e le donne che lavorano alla Casa Bianca sperimentano lo stesso mix quotidiano di soddisfazioni, delusioni, attriti coni colleghi, disastri e piccoli trionfi del resto dei loro concittadini. Infine, volevo proporre una storia più personale che potesse stimolare i giovani a prendere in considerazione una vita improntata al servizio pubblico: raccontare di come la mia carriera politica sia iniziata davvero con la ricerca di un luogo in cui sentirmi adeguato, di un modo per capire i tanti aspetti del mio complesso retaggio, e di come soltanto agganciando il mio carro a qualcosa di più grande sia finalmente riuscito a individuare una comunità e uno scopo cui dedicare la vita. Immaginavo di poter fare tutto ciò in cinquecento pagine o poco più, e contavo di riuscirci in un anno. Va detto subito che il lavoro di scrittura non è andato esattamente come avevo pianificato. Nonostante le mie migliori intenzioni, il libro ha continuato a crescere in lunghezza e in ampiezza, motivo per il quale, alla fine, ho deciso di dividerlo in due volumi.
Barack Obama, Una terra promessa, Prefazione, Garzanti 2020.