Gerardo Passannante, Passannante (recensioni), Recensioni, Storia (citazioni)

Costantino tra storia e finzione. L’infante di Naissus di Gerardo Passannante (recensione di Maresa Schembri).

Cimentarsi nella stesura di un romanzo storico pone particolari problematiche inerenti la capacità di far coesistere la veridicità della storia con quella dell’arte, impresa impossibile secondo Manzoni. L’ostacolo maggiore deriva dal saper intrecciare l’elaborazione delle fonti con la parte inventiva del racconto. E il risultato non sempre è soddisfacente. Se si pensa al romanzo storico, la mente vola subito a Guerra e pace, a I promessi sposi, a I vicerè, solo per citarne alcuni. Ed ecco che, sulla scia di questi grandi classici, molti scrittori odierni sfornano romanzi che non conquistano le mie simpatie letterarie. Ad eccezione di alcuni rarissimi casi (almeno per ciò che concerne la contemporaneità), uno tra i quali è rappresentato da Costantino. L’infante di Naiussus di Gerardo Passannante, lavoro prezioso di grande spessore storico-letterario. Ancor di più se si pensa che è l’ultimo di una lunga serie di romanzi facenti parte del ciclo Il declino degli dèi, opera incentrata sull’affermazione del Cristianesimo nel tardo romano impero. 

In Costantino l’autore si propone di preparare il terreno per l’ascesa del futuro imperatore, di percorrere le tappe della sua vita che lo porteranno a diventare uno dei personaggi più influenti della storia. Siamo nel IV secolo d. C. durante la tetrarchia di Diocleziano e il giovane Costantino fugge dalle mire distruttive di Galerio per raggiungere il morente padre Costanzo in Britannia, dopo aver messo al sicuro la compagna Minervina e il figlio Crispo presso la madre, a Naissus. Lungo questo percorso si srotolano le vicende dei personaggi secondari che nutrono la narrazione di dettagli importanti sia a livello storico, sia in relazione al protagonista. Si delinea così, attraverso di essi, un quadro molto lucido della politica di quegli anni che getta le basi di un cambiamento epocale che conferirà un nuovo volto all’Europa. A questo si accompagnano i racconti che vedono coinvolti i vissuti personali dei personaggi. Si ricordano, a tal proposito, gli ultimi momenti di vita di Costanzo che auspica di poter rivedere il figlio per lasciargli in eredità le sue ultime parole; Elena, la madre di Costantino, consumata dall’acredine nei confronti di Costanzo che l’ha abbandonata; e ancora i pensieri del tribuno Aurelio di fronte al morente Costanzo e Valeria, figlia di Diocleziano e sposa forzata di Galerio. 

In questo scenario per così dire privato, fanno la loro comparsa i sentimenti che agitano il regime, la diffidenza dilagante, le gelosie, l’arrivismo (quello di Galerio ad esempio), che costituiscono la cornice del sostrato socio-politico lasciato in eredità al futuro imperatore e alle gravi difficoltà a cui deve far fronte chi si professa cristiano. Ed è anche sul cristianesimo che l’autore si sofferma con riflessioni analitiche, coronate da alcuni racconti di figure di santi, come quello di Barbara e del suo martirio. In verità, il cristianesimo si proclama essere uno dei fattori che potrebbe rendere coeso l’impero ormai sull’orlo del disfacimento e questo lo intuisce lo stesso Costantino che, con l’Editto di Mediolanum, promulgato nel 313 d.C., concede piena libertà di venerare le proprie divinità e, dunque, anche di professare il culto cristiano.

Gli umani interrogativi di Costantino alla morte del padre danno luce alla persona più che al personaggio e si rafforzano maggiormente nell’alta tensione delle ultime pagine in cui la magistrale configurazione della dipartita di Costanzo lascia il lettore in preda a dubbi e riflessioni. A impreziosire le pagine del romanzo, inoltre, vi sono le considerazioni filosofiche e culturali che non solo innervano ma che danno anche spessore alla maglia narrativa, corroborata da un’importante conoscenza dell’Impero Romano e abbellita da uno stile elegante, arguto e adamantino a cui Passannante ci ha abituato nel corso del tempo. 

Attraverso un dettato accurato e preciso, lo scrittore ci consegna uno schizzo chiaro di quel periodo, che mira a interrogarci in senso esistenziale, storico, filosofico e sociale sulle scelleratezze che da sempre abbondano, ieri come oggi, al fine di esercitare quello spirito critico che permette una visione più consapevole della realtà. Perché, bisogna dirlo, tutto l’iter di Costantino, dalla sua fuga da Nicomedia fino alla proclamazione a imperatore, a chiusa del volume, è anche un viaggio interiore che lo porta a interpretare i fatti e non soltanto a viverli passivamente. 

Valore aggiunto dell’opera è la caratterizzazione psicologica dei personaggi, presentati con grande finezza introspettiva, sia nei loro aspetti più oscuri e cupi sia in quelli più lapalissiani, attraverso un periodare fluido e una lingua agile, snella e ricercata, senza però mai essere accademica. Consapevole di questa sua destrezza che gestisce con brillante agilità compositiva, Passannante consegna ai suoi lettori un’opera che riaccende la speranza sulla sorte del romanzo storico e, in generale, della letteratura italiana di alta qualità. 

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3 pensieri su “Costantino tra storia e finzione. L’infante di Naissus di Gerardo Passannante (recensione di Maresa Schembri).”

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