
Oggi si fa un gran parlare di radici e dei diritti che deriverebbero dall’averle in un posto e non nell’altro, ma basta abbassare gli occhi, come suggerisce il nostro amico antropologo Marco Aime, per rendersi conto che in fondo alle gambe non abbiamo radici, ma piedi: piedi che servono per andare in giro e di cui ci serviamo dall’alba dei tempi per il colossale viaggio in cui l’umanità è impegnata fin da quando ha mosso i primi, timidi passi sul suolo, con arti ancora poco adatti a camminare, con un cervello piccolo e poca forza muscolare, ma spinta a procedere da due caratteristiche umane già allora pienamente sviluppate. Erano quelle stesse che ci hanno permesso di progredire nelle tecniche e nelle arti; di esplorare questo pianeta e cominciare a esplorarne altri; di ficcarci nei guai e poi di uscirne; di comporre sinfonie, romanzi, costruire piramidi, pagode, cattedrali, scuole, ospedali e parlamenti; allungare la vita umana e migliorarne la qualità; arrivare a conoscere luoghi, persone e culture diverse, imparando e trasmettendo qualcosa di noi ad ogni scambio; due caratteristiche umane di cui anche gli autori di questo libro si vantano di essere portatori, sperabilmente sani: irrequietezza e curiosità.
Guido Barbujani e Andrea Brunelli, Il giro del mondo in sei milioni di anni