E imparai che la paura condanna alla sconfitta, mentre la vittoria si ottiene solo con il coraggio
Queste parole bastano da sole a riassumere la vita e lo spirito dell’autrice al centro di questa recensione: Naval Al-Sa’dawi. Nata nel 1931 in un piccolo paesino vicino al Cairo, Naval Al-Sa’dawi è una psichiatra, femminista e attivista egiziana per i diritti umani, definita da The New Yorker come “la nonna del femminismo egiziano”. È una scrittrice molto prolifica, soprattutto di opere di narrativa, ma famoso è stato anche il suo libro di stampo saggistico Le donne e il sesso. Il suo è uno spirito libero e radicale, per questo i suoi scritti vanno a toccare tutti i tabù politici, economici, ma soprattutto religiosi e sessuali, che hanno caratterizzato la sua vita, cambiandola per sempre. L’episodio più estremo riguarda la mutilazione che subì agli organi genitali quando ancora era una bambina: una violenza, questa, che combatterà in tutte le sue opere, descrivendo con toni incredibilmente vividi la propria esperienza:
Riuscii solo a piangere, e chiamare la mia mamma perché mi aiutasse. Ma lo shock più brutto fu quando, guardandomi intorno la vidi, accanto a me. Sì, lei era lì, non potevo sbagliarmi, in carne e ossa, in mezzo a tutti quegli estranei, ci parlava e gli sorrideva, come se loro non avessero appena macellato sua figlia.
(La faccia nascosta di Eva. Le donne nel mondo arabo).
Le donne e il sesso, uscito nel 1972, e le costerà il posto di lavoro, e meno di 10 anni dopo le sue opere la porteranno in prigione, incarcerata dal governo egiziano e minacciata di morte dai fondamentalisti islamici. Questo però non la fermerà, e continuerà a lottare contro le disparità della nostra società. Non stupisce quindi che The guardian l’abbia definita la donna egiziana più radicale (un radicalismo progressista, tagliente e rivoluzionario):
Sogno un mondo senza religione, con una moralità vera e un’unica norma per uomini e donne, per ricchi e poveri. Un mondo senza guerra, fatto di uguaglianza e giustizia tra generi e classi […]. Questa sarebbe la fine del patriarcato e del capitalismo, la vera libertà e democrazia, per avere una società davvero umana che tolga il velo che copre la nostra mente
In Italia, purtroppo, questa scrittrice ha raggiunto la popolarità solo questa estate, grazie ad un’ottima iniziativa della Fandango, che ha deciso di pubblicare la traduzione del suo primo romanzo, dato alle stampe nel 1960, Memorie di una donna medico. Il libro ha avuto molto successo e ciò dovrebbe finalmente convincere l’editoria a pubblicare altre traduzioni di Naval Al-Sa’dawi.
Memorie di una donna medico è il libro di esordio in cui l’autrice riprende i momenti salienti della propria vita (allora aveva appena 30 anni), anticipando molti temi che svilupperà in maniera più approfondita nelle opere future. La narrazione è frammentaria, poco lineare, come un film raccontato attraverso qualche fermo immagine. Questo secondo me crea qualche problema di lettura e rende un po’ difficoltosa l’immedesimazione, perché nell’elenco di fatti e avvenimenti, trova poco spazio l’analisi interiore. Le convinzioni dell’io narrante sono chiare, ma risultano solo attraverso le sue scelte e le sue azioni.
Focus del libro è sicuramente il rapporto della protagonista con la sua femminilità, che lei prova a rigettare in tutti i modi perché la percepisce come denigrante alla sua affermazione. Naval riuscirà a liberarsi di questo odio per la sua femminilità forse solo alla fine del libro, quando incontrerà un uomo capace di accettarla interamente come psicologa, attivista e donna (del resto la stessa scrittrice ha due divorzi alle spalle). La mancanza di uno scavo psicologico è un effetto della breve narrazione ed è, secondo me, sintomatico del fatto che si tratta della sua prima opera.
Per quanto mi riguarda, questo libro mi ha spinto a cercare altri titoli di questa autrice, ormai 89enne. Abbiamo bisogno di questo tipo di figure, in grado di darci uno scossone e ricordarci che le disuguaglianze fanno ancora parte della nostra epoca, in maniera evidente in Egitto, ma anche, seppur in misura minore, in Occidente. Disuguaglianze che si scorgono ogni volta che un transessuale viene licenziato per la sua identità, ogni volta che guardiamo con disgusto a due uomini che si baciano, quando a una famiglia omosessuale non viene concesso di adottare un bambino che attende di trovare qualcuno che lo cresca con amore. E accade anche quando decidiamo di ignorare che questo accade.
Naval Al-Sa’dawi è una donna forte, radicale, fatta ovviamente, come tutti, di luci e ombre. In molti hanno chiesto che le fosse tolta la cittadinanza egiziana: una sorte che condivide con Olga Tokarczuk, un’altra figlia rigettata dalla sua patria. Entrambe stanno provando a far progredire i loro Paesi, l’Egitto e la Polonia, e ne pagano il prezzo sulla loro pelle ogni giorno, anche se fortunatamente nessuno è ancora riuscito a fermarle.
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