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“Siddhartha” di Hermann Hesse al quarto incontro del Caffè Letterario di Zurigo (recensione di Vittorio Panicara).

imageIl 19 giugno si è tenuto a Zurigo il quarto incontro del Caffè letterario organizzato da Teresa Casabianca, Camilla Barozzi e Maresa Schembri. Il gruppo si riunisce una volta al mese per scambiare idee, impressioni e, perché no, critiche, sulle letture in programma. 

Questa volta, il soggetto della serata è stato Siddhartha di Hermann Hesse; la discussione ha portato a galla sia i temi affrontati dall’autore sia le difficoltà che un testo come questo può presentare in sede di lettura . 

Il primo punto discusso dal gruppo è stato lo stile in cui è scritto il testo. L’opera infatti procede come una parabola scandita da una ciclicità narrativa e stilistica che si pone come metafora del pendolo dell’esistenza umana. Attraverso questa periodicità che caratterizza Siddharta, Hesse riesce ad adattare lo stile al contenuto. Simbolo di questo ritmo è il fiume, che riveste un ruolo centrale nella formazione spirituale del protagonista: l’acqua scorre e il suo aspetto sembra immutato, ma in realtà, come sosteneva Eraclito, non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua. Questo incedere con cadenze regolari può tuttavia essere anche percepito come aspetto problematico: alcuni lettori infatti, durante la serata, hanno evidenziato come la ciclicità possa rendere difficoltosa e monotona la lettura del libro. 

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Io e Vittorio Panicara con le organizzatrici della serata


Si è poi passati a discutere del rapporto tra il Buddha storico e il protagonista. Siddhartha, dopo aver incontrato il Buddha, deciderà di non seguirlo, cosa che invece farà il fedele amico Govinda. Il primo infatti vuole andare oltre la dottrina professata dal maestro per ritrovare l’unità che caratterizza l’essenza del creato. Mentre Buddha propone una visione basata sull’antitesi tra bene e male, Siddhartha teorizza la sintesi, l’unità delle cose: vivere consiste nell’accettare tanto il piacere quanto il dolore. Ma a questo il protagonista arriverà solo alla fine e ciò mostra come il romanzo possa essere anche considerato un
Bildungsroman, ossia un romanzo di formazione: la formazione di un individuo che finirà per rinnegare i suoi maestri per trovare la giusta via analizzando se stesso: 

Colpito da questo pensiero s’arrestò improvvisamente nel suo lento cammino meditativo, e tosto da questo pensiero ne balzò fuori un altro, che suonava: “Che io non sappia nulla di me, che Siddhartha mi sia rimasto così estraneo e sconosciuto, questo dipende da una causa fondamentale, una sola: io avevo paura di me, ero in fuga da me stesso! L’Atman cercavo, il Brahman cercavo, e volevo smembrare e scortecciare il mio Io, per trovare nella sua sconosciuta profondità il nocciolo di tutte le cortecce, l’Atman, la vita, il divino, l’assoluto. Ma proprio io, intanto, andavo perduto a me stesso”.

Ma perché, dalla sua pubblicazione a oggi, Siddhartha ha conosciuto un’incredibile popolarità, soprattuto tra i giovani? Ci possono essere molte ragioni dietro alla celebrità che ha conosciuto il romanzo soprattutto nel periodo movimentato del ’68. In generale, molti lettori sono stati affascinati dal connubio tra cultura occidentale e orientale, dalla sua atmosfera esotica. D’altronde è anche vero che, pur essendo ambientato nel mondo indiano, la ricerca spirituale che il protagonista conduce su se stesso e sul mondo è basata su domande di matrice occidentale. Inoltre il testo ha alle spalle modelli come, Eraclito, Schopenhauer Nietzsche e altri filosofi occidentali. Nel periodo delle rivolte studentesche, i lettori di Siddhartha erano gli adolescenti della Storia, che, proprio come farà il protagonista, si opponevano alla generazione precedente per affermare la loro visione del mondo. L’allontanamento dai padri è un tema centrale del romanzo tedesco, affrontato, prima dalla prospettiva del figlio (l’abbandono del Bramino da parte del protagonista) e poi da quella del padre (Siddhartha costretto ad allontanarsi per sempre da un figlio che non ne condividerà mai lo stile di vita). Nel mondo di oggi è forse questa tematica ad attrarre ancora le generazioni più giovani e ad essa si aggiunga il clima di inquietudine che si respira in tutta Europa. 

35812557_10211973713473705_5660337377923563520_n.jpgQuello che è certo, però, è che il libro di Hesse richieda una continua presenza del lector in fabula. Si tratta di un romanzo che può piacere o non piacere, ma che è sicuramente in grado di parlare in modo diverso a seconda del carattere e della storia personale di chi lo sta leggendo. Si tratta di un libro che può anche risultare ostico per coloro che non condividono il legame con il mondo spirituale e la necessità di un approccio più sereno all’esistenza. Ma anche a questi lettori più “inquieti” sa comunque comunicare qualcosa, fosse anche solo la necessità di fermarsi, guardarsi intorno e prendersi del tempo per pensare. 

Queste sono alcune delle riflessioni venute a galla durante la discussione del testo, alla quale è seguita una fantastica cena spagnola a base di Paella! Non solo letteratura, dunque, ma anche un cibo prelibato e un ambiente collegialehanno garantito il pieno successo di questo quarto incontro letterario.

Siete di Zurigo? Allora non mancate al prossimo incontro che si terrà a settembre (data ancora da confermare): il libro del mese sarà questa volta Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. 

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4 pensieri su ““Siddhartha” di Hermann Hesse al quarto incontro del Caffè Letterario di Zurigo (recensione di Vittorio Panicara).”

  1. Una serata significativa, con più di trenta persone impegnate a discutere di un classico ritenuto “difficile” solo da coloro che sono abituati a vivere e pensare nella quotidianità. A dimostrazione che oltre la tv, i social ecc c’è qualcosa di alternativo e di più valido, i libri e la letteratura.
    Complimenti per l’articolo, che riunisce i tanti interventi in un unico discorso, unitario e coerente.

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